«Coltivate i vostri sogni e restate loro fedeli, tenacemente. Scoprite il vostro talento come tanti, unici cercatori del Santo Graal. Non rinunciate ai vostri progetti. Questo mi ha insegnato la vita, questo vado dicendo tutte le volte che incontro ragazzi come voi». Questa mattina, al Rossini di Civitanova, Pupi Avati non ha soltanto parlato del suo film “Dante” e del suo libro “L’alta fantasia”. Il suo incontro con gli 840 studenti delle superiori, e con i loro professori, è stato all’insegna del colloquio cordiale, e anche affettuoso, di un bonario ed ironico signore di oltre 80 anni, che non si è sottratto alle loro domande e che insieme alle sue opere ha parlato di sé stesso. Offrendo una positiva visione della vita, della poesia e dell’impegno con la realtà.
L’iniziativa, promossa dall’Associazione dantesca civitanovese, insieme all’Amministrazione comunale e ai Teatri di Civitanova (e pubblicizzata da un manifesto redatto da Niccolò Bigoni, studente del Bonifazi), si è aperta con i saluti del presidente del sodalizio, dottor Francesco Sagripanti, e dell’assessore Barbara Capponi. Poi è seguita la proiezione del film ed infine il videocollegamento con il regista, dallo studio della sua casa di Roma. I ragazzi, una dozzina, lo hanno sottoposto ad un fuoco di fila di domande che spaziavano dal film al libro fino alla sua vita personale. Uno di loro, gli ha chiesto come si fosse convertito dalla musica jazz al cinema. Risposta: «Dopo che ho sentito suonare Lucio Dalla ho subito capito che per me non c’era partita e che quella per la musica era passione e non talento. Così ho cercato altrove». Gli è stato anche chiesto perché abbia ambientato l’incontro fra Dante e Beatrice in una stradina squallida, un vicolo dai fradici muschi”. «Perché quel vicolo è proprio così e allora mi sono detto: “l’evento che è alla base della poesia della nostra letteratura è accaduto qui questo stradello malandato, proprio come Dio che ha voluto nascere in una grotta”».
Infine, in risposta alla domanda sulla crisi del cinema, Pupi Avati non ha risparmiato una stoccata all’esterofilia di alcuni settori politici e culturali italiani. «Le serie televisive americane – ha detto il regista – non hanno bisogno dei nostri soldi. Per fortuna che su questo qualcosa si sta muovendo anche nei piani alti. Congedandosi dagli studenti, Avati ha avuto parole di elogio per loro e per quegli insegnanti che li hanno preparati all’evento. «Le vostre sono state domande veramente apprezzabili – ha concluso – segno che insieme ai vostri docenti avete fatto un buon lavoro di preparazione».