Oltre il 65% dei giovani con contratti precari e uno stipendio annuale di circa 11mila euro lordi. Per le donne uno stipendio, in media, di 7mila euro in meno rispetto agli uomini (22.662 euro a fronte dei 15.321 euro delle lavoratrici).
I salari medi viaggiano sui 19mila euro, in leggero aumento ma sempre inferiori rispetto al valore medio delle regioni del Centro. È il quadro che emerge dall’analisi dell’Ires Cgil Marche su dati Inps dal 2011 al 2021 relativi a retribuzioni dei lavoratori dipendenti privati.
“In 10 anni perso il 20% di giovani con contratti stabili e il 10% dei tempi pieni ed indeterminati”, commentano Giuseppe Santarelli, segretario generale Cgil e Rossella Marinucci, segretaria regionale e responsabile del mercato del lavoro. “Il binomio salari bassi e precarietà è la prima causa della fuga dei giovani. Ma, in generale, il problema dei salari è che restano bassi e insufficienti rispetto al carovita. È tempo che si promuovano interventi e azioni precise”, concludono. Nel 2021, nelle Marche risultano occupati 440.867 mila lavoratori dipendenti privati, +14 mila rispetto all’anno precedente (+3,5%) e 7mila in più dal 2019 (+1,7%), effetto “rimbalzo” verificatosi dopo il 2020. Un contratto su 3 è part time. Il 23,9% dei lavoratori con contratto di lavoro a termine. Coloro che hanno un contratto a tempo pieno e indeterminato sono 226mila, pari al 51,4%, (erano il 52,8% nel 2020 e il 60% nel 2011) e sono 27mila in meno rispetto a 10 anni fa (-10,6%). Le retribuzioni medie lorde annue percepite sono pari a 19.434 euro e rispetto al 2020, +1.353 euro (+7,5%), valori medi del Centro e Nazionali, rispettivamente, -1.607 euro e -2.434 euro. Sono 179mila lavoratori e lavoratrici (40,8% del totale), a percepire una retribuzione inferiore a 15.000 euro, di questi 126mila percepiscono meno di 10.000 (28,7%). In dieci anni l’industria manifatturiera ha perso il 7,7% dei lavoratori; il terziario ha registrato un aumento del 15,3%. La contrazione maggiore si osserva nel calzaturiero, -33%; crescono i lavoratori dipendenti impiegati nell’istruzione (+58,2%), nell’assistenza sociale e sanitaria (+46%) e nell’attività informatica, ricerca, studi professionali (+34,4%).