In occasione della seduta celebrativa del Consiglio regionale per i 50 anni della nascita della Regione, il presidente della giunta regionale, Luca Ceriscioli, ha chiuso il programma di lavori con un intervento a braccio, come sua abitudine, sottolineando in particolare la trasformazione “ quasi genetica” che hanno vissuto le Marche in questi 50 anni , ma specialmente negli ultimi cinque, sia in termini istituzionali e amministrativi, sia politici, sia socio economici.
“Non vi è dubbio – ha detto in un passo del discorso – che in questi ultimi 5 anni la Regione Marche ha segnato un cambiamento fortissimo , vuoi per i rapporti con la collettività e i cittadini molto più prossimi rispetto anche a pochi anni prima , vuoi per le difficili fasi emergenziali vissute, ma anche come gestione diretta della cosa pubblica e non solo programmazione come nella missione originaria. E nei prossimi anni si troverà di fronte a scelte strategiche irripetibili ed epocali dettate dalla capacità di intercettare e investire l’ingente mole di risorse europee . “
Ceriscioli nel suo intervento è partito con un excursus storico sulle caratteristiche della nostra regione come entità geografica e politica: “ Il racconto sull’immagine che tutti abbiamo della nostra regione, della sua bellezza che tiene insieme tante differenze che sono però anche un valore aggiunto, ha riportato al centro della riflessione l’obiettivo fondamentale dell’Ente Regione che è quello di poter plasmare strumenti amministrativi e di governo sul disegno del territorio. La forza della Costituzione sta nell’aver previsto un organo regionale che interpretasse al meglio le potenzialità del territorio in termini di normazione e attività, in grado di esaltarne la missione e garantire lo sviluppo, offrire cioè
strumenti meglio calati sulle dinamiche del territorio. Quando, per esempio pensiamo alla percentuale di addetti all’agricoltura di 50 anni fa , oggi possiamo dire che c’è stata l’esaltazione e l’evoluzione di quel pensiero perché si sono portate le Marche, attraverso una capacità di interpretare le esigenze del territorio con strumenti normativi e programmatici, ad essere leader nazionali nella qualità di produzioni agricole sostenibili. ”
“ Sono stati cinque anni di forte cambiamento – ha proseguito – che potranno esser letti poi con un occhio storicamente più approfondito, ma io credo che mai come in questi 5 anni, con il percorso interrotto di riforma delle Province, siano stati trasferiti compiti così inusuali .
Se alla nascita delle Regioni ci si chiedeva se si dovesse avere un organo esecutivo perché forse sarebbe bastato l’organo legislativo e l’attività programmatoria, con la trasformazione delle Province si è fatto un intervento di “ genetica istituzionale” : aver portato alle Regioni la gran parte di competenze che erano delle Province , cioè la
gestione diretta ordinaria delle attività spicciole. Il carico di natura gestionale ha modificato la missione originale anche come capacità di rispondere in tempo reale ai bisogni della collettività. Io lo misuro da fatti concreti come le chiamate da parte di cittadini alla segreteria del Presidente mentre sicuramente prima l’interlocuzione non era diretta , ma mediata da sindaci ed altri soggetti politici. Oggi viviamo anche questa trasformazione della Regione : la prossimità dei problemi quotidiani perché evidentemente il cittadino identifica l’Ente in maniera diversa rispetto alla missione originale di 50 anni fa, cioè quindi una vicinanza ma anche il volere un’immediatezza di riscontro molto forte. Le emergenze certo hanno spinto in questa direzione ma è’ un’impronta che la Regione si porterà avanti nei prossimi anni , a meno di ulteriori riforme. Un tema non banale, il ripensare ad una nuova organizzazione della Regione. Se poi lo pensiamo nella prospettiva dei prossimi anni che saranno strategici come capacità straordinaria di gestire i fondi europei, sempre più significativi. E’ un accelerazione fortissima che in sei mesi ci ha catapultato in un altro mondo. Il Governo regionale si troverà ad avere nello stesso tempo un forte ruolo gestionale ma anche un ruolo straordinario come ricaduta in termini di programmazione. Sarà un quadro complesso in cui essere consapevoli dell’irripetibilità della fase strategica che andremo a vivere e che inciderà sul destino della nostra regione. “
Ceriscioli ha quindi toccato il tema del rapporto Stato- Regioni , in particolare negli ultimi tempi : “ Da tempo abbiamo vissuto una grande tensione centralista da parte dello Stato con una volontà espressa di riportare alla centralità statale funzioni che erano state delegate alle Regioni, dalla Sanità negli ultimi tempi, ai Centri per l’Impiego di qualche anno fa. Non espressamente nel settore sociale, ma poi la destinazione vincolata dei fondi per comparti sociali ha prodotto un limite alle Regioni nella riposta ai bisogni di un territorio specifico. Poi dall’altra parte, invece, c’è un altro percorso quasi opposto , come il tema delle autonomie spinte, dei temi macroregionali . Invece in fasi emergenziali si è visto che le Regioni hanno saputo rispondere concretamente alle esigenze dei cittadini e il pendolo si è spostato chiaramente dalla parte delle Regioni. “ I 50 anni di storia – ha concluso – ci portano a celebrare qualcosa che ancora non è del tutto definito, ma anzi pronto a nuove sfide, a un dibattito che non è ancora chiuso, a passaggi epocali . Una fase estremamente stimolante e interessante che forse c’era anche 50 anni e che continua ad esserci ancora oggi. Far parte, quindi, di una storia viva in cui le Regioni potranno costituire un punto alto di spinta e di ruolo molto importante come soggetto capace di interpretare le vocazioni e le caratteristiche qualitative di un territorio.