“Già nel corso degli ultimi anni – afferma il Segretario generale Giorgio Menichelli – la diffusione delle tecnologie digitali ha incrementato le opportunità di scelta tra beni e servizi per il consumatore, la digitalizzazione dei processi produttivi ha modificato gli scambi tra imprese e il crescente accesso alla rete dei cittadini ha diffuso l’utilizzo dell’e-commerce. Con la crisi sanitaria tutto questo ha avuto un incremento straordinario, e le conseguenti limitazioni sul lato dell’offerta e la domanda hanno fatto sì che gli acquisti on line aumentassero con intensità straordinaria.
In Italia si calcola un valore dell’e-commerce totale di 334 miliardi di euro, pari al 19% del PIL, di cui il 91,9% è riferito a scambi tra imprese (B2B) mentre il restante 8,1% all’e-commerce dei consumatori finali (B2C).
Nel 2019 i prodotti maggiormente acquistati on line sono abiti e articoli sportivi, che registrano una quota di acquirenti pari al 43,8% del totale degli e-shoppers; seguono articoli per la casa con il 38,7%, libri ed e-book con il 25,0%, attrezzature elettroniche con il 21,7% e prodotti alimentari con il 12,9%. Tra i servizi si osserva una maggiore propensione all’acquisto in rete per pernottamenti di vacanze con il 29,4%, altre spese di viaggio per vacanze con il 26,7%, biglietti per spettacoli con il 20,4%, film e musica con l’11,0% e servizi di telecomunicazione con il 10,9%.
Analizzando il trimestre marzo-maggio 2020 si è osservato un boom del commercio elettronico, le cui vendite ai consumatori finali sono salite del 31,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, in valore assoluto pari a 1.937 milioni di euro nei tre mesi considerati. Questa forte crescita è stata particolarmente significativa soprattutto perché avvenuta nel secondo trimestre, il periodo più buio della crisi Covid-19.
Secondo l’Ufficio Studi di Confartigianato nel corso della crisi Covid-19 il tasso di crescita delle MPI attive nell’e-commerce è raddoppiato, salendo, al 19,8%, un ritmo doppio del tasso di trend del 10,9% medio annuo, con 122 mila micro e piccole imprese in più attivate dell’emergenza corona virus nell’utilizzo del commercio elettronico.
E’ inoltre emerso che la distribuzione della propensione all’acquisto online è più elevata (37,8%) nei comuni fino a 2.000 abitanti, dove però l’accesso alla Rete è penalizzato dalla minore disponibilità di connettività, scende attorno al 35% nei comuni sopra 2 mila abitanti e risale al 38,2% nei comuni centro delle aree metropolitane.
Nel corso dell’emergenza sanitaria le micro e piccole imprese hanno significativamente aumentato l’utilizzo del canale digitale per relazionarsi con clienti e fornitori. Dall’ultima indagine condotta a giugno su oltre 3 mila MPI, è emerso che il 56,7% delle imprese intervistate ha implementato l’utilizzo di una o più tecnologie digitali, tra le quali sito web, social network, piattaforme di videoconferenze, formazione on-line ed e-commerce. In particolare, il 71,5% di queste imprese ha incrementato l’utilizzo di uno o più strumenti digitali, il 36,2% ne ha ampliato le funzionalità e il 29,6% ha introdotto uno o più strumenti digitali, non presenti in azienda prima della crisi da corona virus.
E’ forse proprio nei momenti peggiori che si vede la grande abilità delle nostre imprese nel rialzarsi e trovare una via per trarre il meglio da ciò che di brutto e imprevedibile sta accadendo.
Fondamentale nella cultura aziendale è coltivare questa capacità di intercettare ipotetiche situazioni critiche o eventi inattesi e saperle trasformare in occasioni a vantaggio della propria attività. Inoltre per garantire la continuità aziendale è necessario che la tecnologia faccia parte della quotidianità dell’azienda e sia parte integrante dei processi lavorativi, senza più dover delegarne la gestione a specialisti esterni.
Con l’emergenza Covid-19, aumentato esponenzialmente il tempo a disposizione e l’incertezza sul futuro, molti imprenditori hanno messo in cima alle loro priorità l’innovazione digitale. E’ indubbio che il peso del digitale nelle vita quotidiana e professionale di ognuno di noi sia decisamente cambiato.
Pensiamo ad esempio all’introduzione dello smart working, o meglio del telelavoro, imposto sì dalle circostanze ma comunque apprezzato da molti e sicuramente requisito che d’ora in poi renderà l’impresa più attrattiva nei confronti dei giovani. Il processo di cambiamento sta interessando anche la cosiddetta impresa 4.0, la manifattura digitale, nella quale si avranno sempre più investimenti perché capace di creare un’offerta su misura e personalizzata.
Il digitale ha giocato e gioca un ruolo fondamentale in particolar modo sul fronte commerciale e nel rapporto con la propria clientela, mantenendo aperte e consolidando relazioni già esistenti e creandone di nuove. E’ evidente che tutte le imprese che in questo periodo sono riuscite a rispondere alle richieste di mercato utilizzando appunto i canali digitali, hanno sofferto meno e addirittura hanno incrementato i loro profitti.
Il Covid ha messo le pmi di fronte alla realtà, ovvero l’imprescindibilità del digitale e di tutti gli strumenti come ad esempio il digital marketing che devono entrare inevitabilmente a far parte dei processi di comunicazione aziendali.
Ora – conclude Menichelli – sarà importante trovare i giusti aiuti per ridurre al massimo i costi di transazione della trasformazione digitale e incentivi all’acquisto di soluzioni tecnologiche, e soprattutto prevedere forme di sostegno all’acquisto e alla formazione di competenze necessarie. In questo senso saranno fondamentali i Digital Innovation Hub, i PID, gli ITS, l’istruzione tecnico professionale, le università locali, gli artigiani del digitale e i tanti professionisti che a causa della crisi hanno perso il lavoro e che potrebbero affiancare le imprese e sostenerne la ripartenza”.