Il tragico suicidio di un quindicenne a Senigallia ha riacceso il dibattito sulla necessità di affrontare con urgenza il problema del bullismo nelle scuole e l’importanza di creare una rete di supporto psicologico stabile per i giovani. Il giovane, vittima di bullismo, ha utilizzato l’arma del padre per togliersi la vita, una scelta che pone drammaticamente sotto accusa un sistema che non è stato in grado di proteggere una vita fragile e vulnerabile.
“C’è una pistola che non avrebbe mai dovuto essere usata e un ragazzo di quindici anni che non avrebbe mai dovuto sopportare un peso così insostenibile,” afferma il Prof. Giuseppe Lavenia, Presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze Tecnologiche e Cyberbullismo). “La morte di questo giovane rappresenta un fallimento della nostra società, che non è stata in grado di intercettare e affrontare il suo dolore prima che fosse troppo tardi.”
Lavenia sottolinea l’urgenza di un cambiamento culturale e sistemico nelle scuole, affinché diventino luoghi di ascolto e sostegno permanente. “Non possiamo più permetterci di trattare il bullismo come un problema marginale. Serve un presidio psicologico fisso nelle scuole, dove i ragazzi possano sentirsi al sicuro e trovare uno spazio in cui essere ascoltati, senza paura di essere giudicati o ignorati. Non basta reagire alle emergenze: è necessario prevenire e intervenire fin dai primi segnali,” continua Lavenia.
L’Associazione Nazionale Di.Te. ribadisce l’importanza di educare i giovani alla gestione delle emozioni, al rispetto reciproco e all’empatia sin dai primi anni di scuola, per contrastare il diffondersi del bullismo. “Ogni giorno assistiamo a piccoli atti di violenza psicologica che, se non adeguatamente affrontati, possono portare a conseguenze drammatiche. Dobbiamo costruire una rete di prevenzione solida e stabile, affinché tragedie come quella di Senigallia non si ripetano,” conclude Lavenia.